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 CAPITOLO 3 - La squadra

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Prince_of_Persia

Prince_of_Persia


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081209
MessaggioCAPITOLO 3 - La squadra

Una giornata stressante mi aspettava quella mattina, già il mio cellulare aveva squillato sei o sette volte con quel rompi scatole di Tarack che aveva paura che non mi ero svegliato. In realtà non avevo dormito più di tre ore. Da quando mio padre per farmi capire che avevo sbagliato a dormire con la finestra aperta, era entrato nella stanza con una maschera da mostro e mi aveva svegliato di soprassalto urlando ero terrorizzato che qualcuno entrasse nella stanza. Comunque era meglio non crogiolarmi nei miei brutti ricordi dell’infanzia, non quel giorno che era così importante. Dovevo presentare Elena al resto del corpo di ballo e avremmo subito cominciato a lavorare sui passi di "Wanna Be Startin' Somethin'”. Feci un salto dal letto e piano mi diressi nella stanza di Elena. Data la breve distanza mi bastarono sei passi e mi divertii a contarli, sicuramente lo aveva fatto anche lei ieri prima di addormentarsi come un ghiro. Scostai la porta di qualche centimetro, non riuscivo a trattenermi dal ridere vedendola dormire al verso contrario cioè con i piedi dove sarebbe dovuta andare la testa e la testa ai piedi del letto, non vedevo altro che i suoi capelli scuri con la luce soffusa che entrava nella stanza. Però vidi bene che stringeva il lenzuolo come se fosse un peluche, magari dormiva davvero con un orsacchiotto, dopotutto io lo facevo! Mah comunque era meglio non divulgare la notizia. Entrai in punta di piedi e cercai il suo viso, quando lo trovai trasalii inaspettatamente, sembrava così serena il respiro era calmo e regolare, le sue labbra leggermente socchiuse mi parvero straordinariamente belle, inoltre aveva il collo scoperto dai capelli e prima di allora non avevo notato quanto fosse elegante, a completare quella che mi parve una visione c’era l’ovale del viso assolutamente regolare e perfetto. Aveva un espressione così dolce, poi mi accorsi che non era normale che rimanessi così tanto tempo a guardarla specialmente quando vederla mi faceva perdere di vista la realtà circostante. “Oh no, ci risiamo! Sono nuovamente cagionevole e predisposto a prendermi una cotta. No, no assolutamente no.” Pensavo, mentre vedevo il lenzuolo alzarsi ed abbassarsi lentamente al ritmo regolare dei suoi respiri, le ragazze mi avevano portato solo guai, tutte quelle che mi ronzavano intorno cercavano in qualche modo di fare soldi con me, l’esperienza della famosa Billie Jean che diceva che l’avevo messa incinta mi era bastata per pensarci su due volte quando conoscevo una ragazza. Però Elena accidenti era così … “oh basta razza di romanticone all’antica, vuoi svegliarla?” ok era il momento di agire.

“E adesso come la sveglio? Se si arrabbia? Senti Michael Joseph Jackson, piantala di essere così tenero e fai l’uomo, sei il suo datore di lavoro cavoli, dovrai avere un minimo di autorità!” No, non ce la facevo, non era nella mia natura essere autoritario e tanto meno rude, a meno che non si stava lavorando, ma poverina l’avevo prelevata da quel mondo sommerso e l’avevo portata via con me da svenuta dovevo mostrarle una piccola parte di me che non conosceva. Così mi sedetti accanto a lei, mi chinai leggermente fermandomi a qualche centimetro dal suo orecchio e intonai a cappella un pezzetto della colonna sonora della bella e la bestia. “ chi sei vicino al mio cuor ogni or sei tu
sò chi sei di tutti i miei sogni il dolce oggetto sei tu anche se nei sogni è tutta illusione e nulla più il mio cuore sà che nella realtà da me tu verrai e che mi amerai ancor di più. Elena ehi? È ora di alzarsi. Dobbiamo lavorare.” Si stiracchiò mezza sorridente, sembrava una bambina, poi si stropicciò gli occhi e ne aprì uno. “sei vero anche sta volta?” mi chiese portandosi il lenzuolo alle labbra. “perché sognavi?” “so chi sei di tutti i miei sogni il dolce oggetto sei tu … na na na. Carino il risveglio! Mai canzone più idonea!” Disse mentre si tirava su e incrociando le gambe prese l’elastico che aveva al polso e si legò i capelli che erano lunghissimi, arrivavano a sfiorarle l’elastico dei pantaloni della tuta. “Ma non senti caldo? Impiegherai ore per asciugarli e custodirli. Sono così belli.”


“mia madre non me li tagliava fino a quando non raggiungevo un obiettivo importante nella vita e siccome, da quando sono morti i miei, non mi è successo nulla di importante non li ho più tagliati.”

“che bella usanza, però qualcosa è successo adesso no? È ora di tagliarli.”

“non sarà ora fino a quando non avrò imparato tutte le coreografie e le avrò eseguite bene sul palco scenico la prima sera che andrai in scena. se tutto andrà bene allora li taglierò la mattina successiva.”

“Chiedi molto da te stessa, ma dopotutto non manca tanto, andiamo in scena il primo dell’anno”.

“che cosa? ma manca meno di un mese!”

“lo so e proprio questo mi farà vedere che ritmi reggi.” Rimase un attimo interdetta, poi dopo qualche secondo schizzò giù dal letto, prese i vestiti e si chiuse in bagno “Ma dove vai?”

“mi preparo. Non abbiamo del lavoro da sbrigare? Sbaglio o mi farai conoscere i miei colleghi? Da quello che ho sempre pensato di te immagino anche che ci farai vedere la prima coreografia. E poi devo passare a prendere tutte le mie cose e anche alla scuola per le dimissioni. Quando stacco?” si era infilata sotto la doccia, sentivo scorrere l’acqua dal bagnetto che aveva in stanza.

“Quanto parli! Ma giri sempre così come una trottola?”

“se vuoi posso fare delle giravolte, magari intorno a te!”

“oh oh, che caratterino! Guarda che non succederebbe nulla.”

“Oh mi dispiace!” Esclamò con un’isolita acidità nel tono di voce che mi fece sorridere. Doveva essere un bel tipetto.

“beh, mi gira già la testa quando ti vedo!” e questa poi, ma che mi era preso? io sono così timido, sicuramente dipendeva dal fatto che non era davanti a me ma nel bagno e quindi non la vedevo, spero. Nel frattempo aveva chiuso l’acqua e acceso il fon per asciugarsi i capelli.

“Allora? Mi rispondi?” Beccata, era timida anche lei, aveva fatto cadere la battuta, meglio così.

“Sì, ehm. Fino a quando tutti non eseguono correttamente la coreografia e finchè non li vedo andare tutti insieme si resta in sala. Quindi dipende solo da voi. Ma sei così veloce a farti la doccia?”

“Però, sei intransigente! Meno male, ci vuole un capo così sennò sono tutti come pecore, beh la mattina quando mi alzo sì se ho da fare. Dico a proposito della doccia.”

“Immaginavo, Beh con quei capelli da asciugare sicuramente la doccia deve essere veloce allora. Comunque alle tue cose ho già provveduto io. Le ho fatte mandare nell’albergo dove alloggia il mio corpo di ballo.”

“albergo? Ma io non ho i soldi per pagare l’albergo.”

“Ah, ma di cosa ti preoccupi. Cosa credi che non abbia già pensato a tutto? Ci penso io alla tua quota. Te devi solo scegliere la compagna di stanza, o … il compagno se preferisci.” Le avevo gettato un amo pesante per capire in parte come era fatta. La sua reazione non fu molto positiva, sentivo che aveva spento il fon. Uscì dal bagno, con i capelli ancora umidi già raccolti in uno chignon improvvisato, tipico delle ballerine. “La compagna andrà benissimo. Spero di non dover dividere la stanza con un uomo!” Era davvero alterata che dispettoso, ma quell’aria inalberata le dava un tono ancora più chic. “Beh, non si sa mai. Dopotutto sta notte l’hai fatto.”

“naturale, so che sei un gentleman! Credimi che se fossi stato un altro per quanto tua fan avrei chiesto un’altra stanza. Un conto fan, un altro groupie è diverso è! e poi dalla mia alla tua stanza ci sono sei passi, se fossi stata davvero una ragazza facile avrei agito diversamente, sei sempre Michael Jackson dopotutto, però siccome sono seria, anche se tu non lo sai, non l’ho fatto” visto, aveva contato i passi anche lei, adesso però dovevo farci pace, ero stato cattivo.

“Scusami, hai ragione Ely, sono stato indelicato e maleducato, è che, sai, dopo tante fregature si diventa scostanti e diffidenti, spero che non ti sei offesa.”

“No, no. Non mi offendo facilmente, è normale che mi fai i giochetti psicologici, fa parte del colloquio di lavoro. Devi conoscere con chi lavori no?”

“Beccato. Scusami, ti ha dato fastidio?”

“no, no tranquillo. E per la scuola?”

“Ci passiamo ora ok?”

“va bene. Allora andiamo?”

“Certo, sai? ti dirò anche che siamo in perfetto orario.”

Salimmo in macchina pronti per fare i giri che ci eravamo prefissati.

Arrivati alla scuola Elena fu velocissima scendere dalla macchina e andare incontro ai bambini, era l’ora della ricreazione. Fu un immagine bellissima, tutti le corsero incontro per abbracciarla. Io purtroppo non potevo muovermi, perché c’era un gran via vai di gente e sarebbe scoppiato il putiferio, ma avevo una gran voglia di andare lì con lei. Elena si girò e sembrò come capire i miei occhi. Infatti venne da me. “Guarda che c’è il parcheggio interno, immagino che la preside vorrà vedere il mio nuovo datore di lavoro.” Sorrisi.

“beh certo ovviamente. Jo, credo che dovremo proprio parcheggiarci.”

“Sì mister Jackson.”

Appena fummo dentro i bambini rimasero un po’ interdetti. Sentivo le loro vocine che dicevano

“Ma quello non è il ragazzo che piace alla maestra?”

“Sì, sì è vero, è lui.”

“beh è bello sul serio.”

Mi veniva da ridere e Elena era diventata rossa e avvicinandosi al gruppetto di pettegoli cercò di farli tacere.

“E’ bello maestra, adesso capisco perché sei innamorata.”

“Beky, innamorata è una grande parola. Mi interessa.”

“Ma io lo so che sei innamorata, quando facciamo il dettato guardi sempre fuori dalla finestra, e poi sospiri mentre guardi il sole.”

“Shhh basta adesso!!” Disse sempre più rossa mentre accarezzava le guance della bambina.

“Si guarda dalla finestra anche perché ci piace il cielo!” intervenni inginocchiandomi all’altezza di Beky che mandò avanti la pancia e si mise l’indice in bocca.

“A te non piace il cielo?” Annuì senza parlare.

“anche alla tua maestra piace allora! E so che le piace anche giocare a pallone.” Dissi ispirato dalla palla che rotolò davanti a me, la presi e la lanciai ad Elena che la fermò con prontezza di riflessi.

“E sono anche brava.” La poggiò sull’erba e le diede un calcio fortissimo, appena il pallone cominciò a rotolare tutti i bambini si fiondarono su di Elena che lo teneva sotto controllo, io compreso. Improvvisammo una divertentissima partita a calcio, anche se a giocare alla fine eravamo in venti. Non immaginavo che fosse anche lei una di loro, e i bambini le volevano davvero bene. Ci divertimmo un sacco, io caddi anche per terra.

“Oh, andiamo, sei ancora sdraiato sul prato? Io a quest’ora ero schizzata già in piedi, sei vecchio. Sei vecchio”.mi prese in giro a quel punto mi aveva dichiarato guerra. La marcai stretto fino a far cadere anche lei. “Allora? Dov’è tutta questa energia? Sei vecchia, sei vecchia!” Era più agguerrita che mai la vidi correre verso di me come una scheggia, cercai di accelerare la corsa ma appena aumentai la sentii strillare alle mie spalle.

“allora? Non ti senti perseguitato, non ti conviene farti raggiungere. Perché sarò crudele.” Ridevo come un pazzo e anche lei rideva i bambini che si erano accorti della sfida avevano preso a tifare chi per me chi per lei, era un’atmosfera pazzesca. La sentii raggiungermi e afferrarmi per la maglietta, accelerai ancora e lei mi stava dietro, sembrava un ghepardo per quanto era veloce. Cominciavo ad accusare la stanchezza lei sembrava provata, ma non si arrendeva ancora, non so quante volte avevamo fatto il giro del giardino della scuola, ma io non ci capivo più nulla. sorprendentemente non aveva bruciato tutte le energie perché con un ultimo sforzo era riuscita ad afferrarmi la maglia come si deve e addirittura saltò sulle mie spalle, non si aspettava però che l’afferrassi per le gambe e la prendessi a cavallo, perché l’urletto tipicamente femminile che fece era piuttosto allarmato. Rallentai fino ad arrivare a camminare con lei a cavallo che si era stretta al mio collo.

“Oooo. Michael sei impazzito? Ti verrà un ernia.”

“eh come no, sì che sei pesante! Allora? La tua famigerata crudeltà? Dove è finita?”

“dai non vale mi ha presa alla sprovvista!”

“vuoi un assaggio di crudeltà?”

“no grazie.”

“come vuoi tu!” Detto questo mi accasciai a terra e non appena mollò la presa dal collo iniziai a torturarla col solletico, intorno a noi c’erano di nuovo i bambini che continuavano a fare il tifo, per mia sfortuna mi distrassi e lei riuscì a rovesciare la frittata in suo favore. Infatti era sopra di me che mi stava facendo diventare matto a forza di solletico e pizzichi.

“Ok, basta, basta sei più crudele te! Basta ti prego! Sai quanto valgono le gambe e le braccia che stai massacrando con i tuoi shogun? Milioni e milioni di dollari!”

“davvero? Allora ne approfitto per racimolare qualche soldo!!!” si accanì ancora di più e io stavo morendo dal ridere.

“Allora? Ti arrendi?”

“cosa?” un pizzico lancinante mi colpì la spalla

“ti arrendi?”

“sì, sì mi arrendo!” continuava a torturarmi.

“ho detto che mi arrendo!”

“ma non hai detto chi ha vinto!”

“Ah, aiuto, hai vinto te, ok hai vinto te!” un altro pizzico sta volta sul petto.

“Arg! Mi hai fatto male!” non era vero, ma dovevo fermarla in qualche modo.

“Ah davvero? Oh scusa Mike!”

“ah!!! Basta!”

“chi è più forte?”

“beh mo non esagerare eh! Solo perché sono un cavaliere non mi ribello!” Tre pizzichi consecutivi. Coscia, braccio, spalla.

“OK! Sei la più forte, abbi pietà!” Si fermò sdraiandosi sul prato vicino a me stavamo ridendo come due pazzi al manicomio. E i bambini esultavano la vincitrice.

“te sei completamente pazza. Credevo d’essere rimasto l’unico!”

“A quanto pare sta mattina hai scoperto di no!”

Fummo distolti da quell’atmosfera a pare mio stupenda, dal suono della campanella che annunciava la fine della ricreazione.

“Coraggio bambini. In classe, che è ora!” Disse Elena mentre si alzava e si puliva i pantaloni. Ai miei occhi stava diventando sempre più bella, anche io mi alzai pulendomi i pantaloni.

“è il momento fatidico! Ti ascoltano però!” Dissi vedendo che i bambini al primo richiamo erano già in direzione della scuola.

“Se sanno che puoi anche essere una di loro oltre che la loro maestra ti ascoltano di più se ci fosse stata Mary erano ancora a zonzo nel giardino. Lei è così … Categorica!”

“che noia!”

“aspetta di vederla e capirai!”

Entrati a scuola vidi la famosa Mary, capelli neri a caschetto, occhialetti a mezza luna in punta di naso, tailleur grigio topo, trent’anni che dalla sua espressione monotona sembravano cinquanta. La prima razione che ebbi fu di rabbrividire, metteva davvero soggezione.

“Mamma mia, sembra mio padre.”

“te l’ho detto, è tremenda.”

“Solo il rumore dei tacchetti da cinque sicuramente mi da sui nervi.”

“Sì sì è un cinque!”

“dovevo immaginare che c’eri te con tutto quel frastuono in giardino!” La voce era molto simile a quella dello squittio di un topo.

“Cosa vuoi farci Mary, sono fatta così, noi povere ragazzine che non ci decidiamo a crescere facciamo tanto di quel frastuono. Mi meraviglia che il tuo chignon non si sia smontato. Beh certo con tutta la bava di mucca ehm … lacca che hai messo è un po’ difficile. Se venissi a lavoro in moto non avresti bisogno del casco.” Un ghigno mi sfuggì dalle labbra, e venni subito fulminato da occhialetti a mezzaluna Mary.

“Immagino sia uno dei tuoi amici del circo.”

“Sì, permettimi di presentarti la mia scimmia Bubbles!” Allora sì che scoppiai a ridere, ero improvvisamente diventato la mia adorata scimmia.

“è molto affettuosa sai, beve dal bicchiere.” Ero piegato in due, era vero che Bubbles beveva dal bicchiere, era tremenda Elena e mi stava andando sempre più a genio.

“Beh io ho da fare cose più importanti che bighellonare in giro come voi due! ho un’educazione da impartire!”

“vai pure Mary la dea cultura ti attende col suo bianco mantello. O tu sacerdotessa che alto porti lo stendardo degli educatori!”

“non fai ridere.”

“A me fa ridere da morire invece!” intervenni sempre ridendo.

“beh sai tra cerebrolesi ci si intende!”

“eccola lì, fantastica. Sedere dritto e tacchi alti. Vieni se sapesse chi sei.”

“lascia perdere spero che una così non ascolti la mia musica. Anche se le farebbe bene.”

“Sì magari l’addolcirebbe un po’ e la farebbe sembrare meno inamidata. Vedi io che ascolto Michael Jackson come sono?”

“in splendida forma direi.”

“Grazie!” era arrossita leggermente quel rossore sulle guance la faceva sembrare una bambola di porcellana, addolcendo il tono caffè latte della sua pelle.

Mi condusse fino all’ufficio della preside. Era una signora anziana che, come prevedibile stravedeva per lei in quanto era stata la sua maestra quando era bambina e prima che lei lavorasse lì, si erano tenute in costante contatto, era un pò una seconda madre per Elena infatti scoppiò in lacrime quando le disse che se ne sarebbe andata. Parlarono a lungo tra di loro, fino al suono della campanella. Poi la signora Doupres si rivolse a me.

“Spero che saprai prenderti cura di lei ragazzo, questa qui è più preziosa di qualsiasi perla. E ha già sofferto abbastanza, non merita di soffrire ancora.”

“stia tranquilla Madame Doupres, la lascia in buone mani. Non rovinerò la sua opera d’arte.”

“Speriamo, ma secondo me sei un bravo ragazzo.”

“la ringrazio, farò di tutto per non deluderla.”

Salutata la preside e i bambini, altro doloroso distacco soprattutto per Elena che piangeva in silenzio quando li abbracciava. Mi sentivo davvero il lupo cattivo in quel momento, ma meritava un futuro diverso una come lei per quel poco che stavo capendo. Saliti in macchina si calmò e tornò a sorridere, anche se i suoi occhi rimasero velati tristezza, dopotutto io sapevo che non avevo la minima intenzione di farla andare via né dal corpo di ballo, né tanto meno dalla mia vita, ma lei non lo sapeva ancora ed era bene che ne restasse all’oscuro per ora.
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