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 CAPITOLO I - Il tour

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Prince_of_Persia

Prince_of_Persia


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Data d'iscrizione : 07.10.09

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081209
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Parigi, la città dell’amore, scenario delle più belle favole romantiche che possano rapirti il cuore. Tutto diverso dall’America, quell’austera signora fabbrica di talenti e di criminali. In verità amo il mio paese, ma sono i ficcanasi che non sopporto. Quando parlo di ficcanasi ovviamente dei giornalisti, dei fotografi e tutto quel bel contorno di persone che popolano la vita di noi, i così chiamati “divi di Hollywood”. Un attimo ti esaltano, sei in cima al firmamento della fama e del successo e in un attimo ti tirano giù dal podio affossando i tuoi sentimenti tre metri sotto terra. non so se anche per gli attori è così, ma per i cantanti posso dire di sì, almeno per me sì. Forse sarà che non concepisco certi azzardi delle persone, solo perché mi chiamo Michael Jackson non è detto che debba essere messo in vetrina come un pupazzo che guardano tutti. Sono solo un uomo, ho dei sentimenti, delle emozioni, dei principi e soprattutto una vita privata, che non voglio sia messa su piazza così come un menestrello di strada.

“Mike?”

“Sì Stew?” dissi chiudendo il quaderno dove stavo appuntando i miei pensieri, facevo così ogni volta che avevo la giornata riflessiva, non si mai, magari rileggendo potevo trovare l’ispirazione per un nuovo pezzo. Stewart uno dei miei assistenti era in piedi davanti a me con il telefono in mano, sicuramente dovevo sbrigare un’altra bega.

“Ci sarebbe madame Moreau al telefono. Vorrebbe parlarti.”

“Oh, ma certo passamela pure, che sciocco avevamo appuntamento per oggi pomeriggio.”

Mi porse il telefono e assunsi subito un tono morbido e affabile, dopotutto era una signora di alta classe e anche francese, e solo questo richiedeva uno charme non indifferente.

“Bonjoure, madame Moreau! Stavo giusto per chiamarla, ma la sua puntualità mi ha anticipato come al solito. Come posso servirla?”

“Caro Michael! È così tanto che non ci sentiamo, non potevo aspettare ancora, dopotutto devi scegliere le mie allieve e non è cosa di normale amministrazione. Ma come mai hai deciso di selezionare delle ballerine, in genere scegli solo maschi per le tue coreografie dal vivo.”

“E’ informatissima Madame Moreau! Sì in effetti scelgo sempre maschi, proprio per questo ho deciso che era l’ora di cambiare, non è da me portarmi in giro delle ragazze, mi innamoro facilmente, quindi sarebbero una distrazione, ma i miei manager dicono che attirano più pubblico.”

“Certo, come se il grande Michael Jackson ne avesse bisogno! Comunque la scelta della scuola è ottima, e poi le donne sono abituate a lavorare di più e reggono maggiormente la fatica, e soprattutto imparano più in fretta. Poi i miei angeli sono tutte leggere ed eleganti come gocce di rugiada. L’avviso però sono tutte bellissime.”

“Eh eh, lo immagino se hanno scelto di emulare la loro insegnante non potrebbero che essere bellissime, ma soprattutto eleganti.”

“Adulatore, lei è un casanova Michael, ne sono certa.”

“Oh no, non approfitto delle donne, sono un gentiluomo. Anche se la gente sembra credere tutt’altro.”

“Ma se la gente che lo crede è del calibro di giornalisti e fotografi non sono affatto credibili. Comunque l’aspetto per le sedici in punto caro Michael. Sono certa che non disdegnerà affatto le mie ragazze. Avrà l’imbarazzo della scelta mi creda.”

“Certamente, non avrei saputo dire di meglio Madame. A oggi pomeriggio allora.”

“A oggi pomeriggio sì! A rivederla”

“A rivederla Madame Moreau.”

Bene, un imbarazzante pomeriggio mi attendeva alle porte di Parigi, tra svolazzanti fanciulle e insistenti attempate dovevo trovare le famose ballerine. Me ne servivano quattro selezionate tutte in paesi diversi, ne avevo già tre: una Inglese: Meredith, una spagnola: Lola e l’altra italiana Valeria. Per completare dovevo sceglierne una francese così avrei riunito tutti i centri nevralgici d’Europa.

Tra una cosa e l’altra il pomeriggio volò senza che nemmeno me ne accorgessi, arrivai all’accademia di ballo con un quarto d’ora d’anticipo, sapevo che madame Moreau mi dava un orario e invece che prendersi un quarto d’ora accademico se lo toglieva e arrivava in anticipo, era una donna molto strana a tratti eccentrica e con tutto quel suo gesticolare da dama di corte a volte rasentava l’assurdo, però era una signora di una certa classe e quel suo fantasioso modo d’essere le dava un non so che di affascinante. Come previsto quando chiesi di incontrarla a Beatrix, la sua segretaria, era già nel suo ufficio ad attendermi. L’accademia di danza contava tre livelli. Danza moderna al primo piano, danze etniche e ovviamente ai piani alti c’era la danza classica, piano che non avevo nessuna intenzione di ispezionare, erano troppo magre per i miei gusti, non che amassi le donne grasse, ma qualche sensuale curva tra un osso e l’atro non disdegna mai su una ragazza. In più sono tutte così rigide, algide e austere da sembrare inamidate, io adoravo le ragazze semplici e soprattutto solari, sorridenti, mi davano di più la sensazione di essere vere, per quanto adorassi le ballerine classiche per la loro eleganza e leggerezza ci mancherebbe, ma contavo di trovare qualche piano più sotto la ballerina che mi interessava.

La struttura era tutta interamente in legno, con lo scorri mano delle scale nero in ferro battuto che formava dei motivi floreali lungo tutta la scalinata in marmo bianco. L’ufficio di Odette Moreau era molto raffinato, in stile vittoriano arredato con gusto sottile e creativo che non lasciava nessuno spazio vuoto. Una bomboniera a confronto sarebbe sembrata un banale oggetto ornamentale. La donna era seduta sulla sedia dietro la scrivania in mogano e mi aspettava tamburellando le unghie rosse sulla superficie.

“Che eleganza madame Moreau. Non le passa un anno è semplicemente stupenda.”

“Grazie me lo dicono in molti, comunque non perdiamo tempo in chiacchiere venga con me le mostro le mie perle.”

“Ma non ha detto loro che devono essere scelte per un tour con me.”

“Assolutamente no. Io sono una donna onesta rispetto i patti stabiliti. Infatti l’ho fatta venire nell’orario di lezione e le ho fatto ripulire la stanza dietro lo specchio, così le ragazze non saranno in alcun modo condizionate, sa in questo piano lei è praticamente venerato. Cosa vogliamo farci? Sono ragazze e di certo non le poso biasimare, un così bel ragazzo. Venga, venga”.

Ammiccante mi precedette guidandomi fino al salone di danza moderna, molto classico nell’arredo. parquet chiaro e specchio lungo il muro frontale, con qualche poster di grandi artisti appesi tutt’intorno tanto per fare da imput alle aspiranti ballerine. Mi aprì una porticina a muro che se non si faceva particolare attenzione non si notava in alcun modo, al centro della stanza c’era un’elegante e comoda sedia posta proprio davanti allo specchio che dava nel salone, non so se mi spiego per farvi capire meglio un po’ come quello da cui il fantasma dell’opera osservava Christine nel suo camerino. Ad un semplice battito di mani di Madame Moreau una schiera di venti ballerine si dispose frettolosamente e allegramente davanti ai miei occhi. Ce ne erano di tutti i tipi: bionde, brune, more, rosse. Occidentali, orientali, nere e tutte avevano corporature diverse, erano tutte magre, ma dalle curve ben visibili e armoniose dove se ne richiedeva la presenza, c’erano altissime anche fino ad un metro e settantacinque, ma anche bassine stile bamboline di porcellana. I loro visi erano tutti diversi, per non parlare delle loro espressioni, credo di non aver mai visto tante ragazze in una sola volta. Sembrava che tutte avessero il loro posto prestabilito, lo intuii dalle gomitate che la ragazza al terzo posto in seconda fila dava alla sua vicina correggendole la postazione, già la scartai, era così saccente da darmi sui nervi, infatti da quel momento in poi non guardai più dalla sua parte. Nelle prime file c’erano quelle tutta tecnica che non sgarravano mai un solo passo, interessanti, bravissime, ma con un grosso difetto erano talmente concentrate sull’esecuzione dei passi da apparire congelate. Da valutare. Spostai lo sguardo dalla quarta in poi, non male, ce n’erano alcune totalmente fuori tempo che per cause di forza maggiore dovetti a malincuore scartare, mi dispiacque perché erano carine. L’ultima fila contava una grande quantità di insicure, che guardavano costantemente alla loro destra per capire qualcosa sulla coreografia. Data la loro concentrazione sulla destra vi spostai lo sguardo anche io e rimasi folgorato dalla perla che ballava nell’angolino infondo. Non aveva gran che di francese, secondo me era più indiana che francese, la carnagione era leggermente latte e caffè ed aveva i capelli più corvini che avessi mai visto. I tratti del suo viso sembravano disegnati da un pittore quattrocentesco era il trionfo della bellezza antica: ovale perfetto, naso regolare, labbra a cuore, ma la cosa che mi conquistò furono i suoi occhi, grandi e verdi smeraldo, rari per una ragazza scura di carnagione e capelli come lei. Trasalii dall’emozione, quella ragazza mi aveva colpito in pieno petto dandomi la sensazione di ricevere un pugno nello stomaco che da forte e profondo si fece leggero quasi come se avvertissi le famose farfalle nello stomaco, offuscato dalla sua bellezza dimenticai che ero lì per selezionare quella che sarebbe dovuta essere una delle mie ballerine e mi accorsi di essermi alzato in piedi e di avere quasi il naso appiccicato allo specchio. Sorrisi e mi concentrai sui passi che stava eseguendo quella visione celestiale. Impazzi subito quando la vidi muoversi leggera, fluida, sensuale, sembrava acqua. La sua intensità espressiva era arrivata dritta al mio cuore, la guardavo danzare e avevo la sensazione di fluttuare nell’aria insieme a lei, non riuscivo a capire però come mai Madame Moreau l’avesse confinata nel posto più remoto della stanza per farla ballare, a parer mio era semplicemente stupenda, espressiva, precisa nell’esecuzione dei passi, e sicura della tecnica, cioè avevo davanti agli occhi la dimostrazione palese del talento e dove era stata disposta in un angolino. Solo un pazzo, o un discriminatore avrebbe fatto una cosa simile. La musica finì, le ragazze si disposero in gruppetti per fare stretching, c’erano le oche giulive che erano in numero maggiore e tutte sottomesse alla ballerina di prima fila. Poi c’erano le secchione, silenziose e concentrate e, in fine sempre in un angolo, si sistemò la ragazza dagli occhi verdi, sola, seria, sembrava quasi arrabbiata o meglio triste. Non so, magari stava solo pensando.

Mentre la guardavo sentii aprire la porta, era madame Moreau.

“Che ne pensa Michael? Non sono stupende? Scommetto che devo far eseguire loro un’altra coreografia, per darle un’idea più chiara. Vado subito a farle ripartire.”

“Aspetti madame. Una sgrossata io l’avrei già data. Faccia ballare le prime tre file e la quinta ragazza della quinta fila. Le altre non credo siano quel che cerco.”

“Ah, davvero? È sicuro che Elena vada rivista?”

“Elena sarebbe?” chiesi fingendo di non aver capito, ma in realtà sapevo benissimo chi fosse.

“La quinta ragazza della quinta fila.”

“io la trovo graziosa, anzi devo dire che ha una buona dose di talento.”

“Talento? Elena talento? Andiamo Michael, è una povera sventurata, sua madre era indiana il padre afro – americano e sono entrambi morti senza lasciarle il becco di un quattrino, è indietro sul semestre perché non riesce a pagare le rate dei corsi, avrà frequentato si e no nove mesi di lezioni ed è in questa accademia da due anni, non riusciamo a bocciarla perché, non so come faccia, ma riesce a passare l’esame ogni anno. Io sono del parere che per lei è solo una sofferenza la danza, dovrebbe lavorare di più per condurre una vita di discreto livello invece che correre dietro ad una chimera”.

“Perché Madame? Non mi dica che al suo occhio è sfuggito un talento, se ha frequentato così poche lezioni ed è al pari delle ragazze del secondo anno, mi sembra evidente che abbia talento. Andrebbe incoraggiata non confinata in fondo alla sala.”

“Mah, sì è bravina, ma di certo la danza non fa per lei.”

“Perché? Perché ha la carnagione più scura della sua Madame?”

Rimase senza parole, mi guardò offesa e indignata e poi proseguì

“Oh mi meraviglio che un uomo del suo calibro Monsieur Jackson elucubri certi pensieri. Secondo me perde tempo ad inseguire questi sogni, ha ventisei anni a quest’ora dovrebbe essere al sesto anno e invece è al secondo, finirebbe di studiare a trentuno anni età in cui le ballerine sono già etoile mature e complete. Non c’è strada per lei.”

“A no? Bene, signorina Moreau? Ho già scelto la mia ballerina. Le faccia eseguire un assolo e sarò io stesso a comunicarle che è stata scelta per il mio corpo di ballo.”

“Ma, ma Michael? È impazzito c’è Josephine che vale il triplo di Elena ed è più giovane, lei merita di trovare un posto nel corpo di ballo di Michael Jackson, non quel cioccolatino al latte tutta sentimento e utopia.” non ci vidi più ero diventato più nero del carbone, era razzismo e discriminazione allo stato puro e si stavano consumando davanti ai miei occhi, non potevo accettare quelle parole dette da labbra acide e sputasentenze, ma era una donna di una certa età, perciò dovevo mantenere un certo tono, ciò non toglie che andava comunque gambizzata.

“Signora Moreau, mi duole il cuore a vedere la sua vera natura, scommetto che Josephine è la biondina al centro della prima fila. È lei vero?”

“Ovvio, quello è un talento.”

“Devo dirle che io Adoro il cioccolato al latte e odio quello bianco, specialmente se tenuto in una cella frigorifera, quella specie di automa sarebbe un talento? A questo punto Signora Moreau, devo annunciarle la conclusione dei nostri rapporti lavorativi, ma solo dopo l’assolo di Elena, che verrà con me in tournee, invece che restare sepolta in questo limbo senza fine. Le dispiace farla ballare per me, grazie.”

Non disse nulla girò i tacchi e mandò via le ballerine.

“Ragazze, coraggio faremo una breve pausa per poi riprendere le nostre attività.”

Tutte si avviarono verso l’uscita radunando le loro cose Elena compresa.

“Elena. Tu resta qui ed esegui la tua coreografia da solista, devi lavorare per avere successo.”

Uscì dandole le spalle la ragazza rimase immobile al centro della stanza con gli occhi sbarrati e increduli. Posò la sua roba accese lo stereo abbozzando un sorrisetto soddisfatto si mise in posizione e quando cominciò ad andare la base fui io a sbarrare gli occhi, aveva montato una coreografia sulle note della mia “Man in the mirror”. Non poteva essere una cosa studiata, non sapevano nulla, così tra lo sbalordito e il compiaciuto rimasi a guardarla, ma stare dietro lo specchio non mi faceva assaporare appieno lo spirito della coreografia. Non aveva eseguito nessuno dei miei passi, per fortuna, le avrebbe fatto perdere qualche punto invece di acquistarlo, ma i passi che aveva studiato erano interessanti, e difficili anche. Ad ogni suo volteggio mi girava la testa, era una trottola, che diventava un nastro di stoffa, una foglia che cade, un ruscello che scorre libero verso il fiume. abbandonava ogni contatto con la dimensione terrena, si lasciava invadere dalla musica lasciando liberi i sensi, era un’immagine sconvolgente. Silenzioso mi poggiai sullo stipite della porta sicuro che la sua mente non era di certo nella sala da ballo, fui ancora più sicuro di ciò quando finita la coreografia, si fermò davanti lo specchio ripetendo alcuni passi senza rendersi minimamente conto della mia presenza, così decisi di mostrarmi.

“Sei davvero brava.” non sono bravo con le parole già in situazioni normali, figuriamoci davanti una bella ragazza, tuttavia mi ero fatto coraggio interrompendola in un volteggio. Quando diresse gli occhi verso di me perse l’equilibrio e barcollando finì per terra.

“Oh no, mi dispiace, ti sei fatta male?”
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