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 CAPITOLO 15 - Buon Natale Lady Jackson (Prima Parte)

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Prince_of_Persia

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081209
MessaggioCAPITOLO 15 - Buon Natale Lady Jackson (Prima Parte)

Mi ero addormentato come un ghiro sopra le ginocchia di Elena, stavo così bene, ma soprattutto ero riuscito ad addormentarmi con facilità, senza l’ausilio di nessun farmaco o tranquillante. Mi era bastato sapere che se chiudevo gli occhi non ero da solo, forse avevo trovato la soluzione al mio problema, ma forse era presto per dirlo.

Vidi che sia era addormentata anche lei appoggiata sul bracciolo del divano. Aveva un’aria così serena quando dormiva, somigliava alla luna, sembrava fatta di ghiaccio e la sua pelle era così chiara da sembrare d’argento. Solo guardare il suo viso dava una tranquillità sconosciuta alla mia vita, guardare una rosa così bella seduta e assopita sul divano di casa mia mi dava la certezza che non sarei più stato solo ringraziando il cielo avevo trovato esaudite le mie preghiere. Ebbi un’incontenibile voglia di baciarla infatti l’accarezzai dolcemente sul capo, lei si mosse leggermente e socchiuse gli occhi. “Michael, mi sa che mi sono addormentata.” Continuai ad accarezzarla “Eri bellissima.” Sorrise e mi diede un bacio sul palmo della mano per poi accarezzarla con la sua. “Che ore sono?” mi chiese con voce sottile. “Tardi, sono le tre del mattino, ci siamo addormentati come due ghiri! Mi dispiace ho invaso le tue gambe!”

“Ma figurati, mai invasione fu più gradita! Però ci sono ancora i piatti da lavare.”

“conoscendo Sara li avrà già lavati. Dovremmo dormire, domani mattina o meglio tra 5 ore partiamo per New York!” ero intenzionato a passare il Natale lì, avevo voglia di vedere la neve che a Los Angeles è più che rara. Elena mi guardava con occhi stupiti, li avevo notati dalla prima volta che l’avevo vista, ma più li guardavo più me ne innamoravo. Erano grandi, le ciglia erano lunghe e folte, e scure com’erano risaltavano ancora di più il colore meraviglioso che avevano, quel verde intenso pigmentato da pagliuzze dorate che davano al suo sguardo una luce diversa, una luce che non avevo mai incontrato prima in nessuno sguardo di nessun’altra donna.

“N-n-new York Mike? Ho capito bene?” la baciai dolce sulle labbra. “sì Ely, hai capito bene New York, sotto Natale è magica e voglio vedere la neve, qui a Los Angeles è una chimera, ma a New York cade spesso. Ti va ti piace l’idea?”

“Michael, stai scherzando? Certo che mi va.” Poi la guardai per bene, non aveva e stampelle, già che ci penso non le aveva nemmeno prima a cena, come avevo potuto essere così distratto?

“Ma aspetta un secondo Ely, ho fatto una figuraccia clamorosa, non hai le stampelle, non le avevi nemmeno prima vero?” sorrise tenera e fece un giro su se stessa.

“No, non le avevo nemmeno prima tesoro! Non è bellissimo? Robert dice che tra una settimana potrò tornare a ballare quanto prima e anche meglio.”

“Che sbadato Ely, scusami è che ero talmente preso da tutta la situazione: la cena fantasticamente normale, l’atmosfera a tavola, i discorsi che abbiamo fatto, tu. Mi hanno mandato su di giri e non mi sono accorto della sorpresa più importante! Che sciocco, è una notizia bellissima non vedo l’ora di vederti di nuovo ballare lo so sono stati solo pochi giorni, ma in queste tre settimane ne sono successe di tutti i colori, io di solito impiego mesi per corteggiare una ragazza, ma mi sono innamorato di te praticamente da subito. Sei diventata la mia vice, ti sei fatta male, ti ho parlato di me, dei miei problemi … sei entrata nella mia vita come un uragano e ora senza di te sarei solo una città piena di cantieri in costruzione. Come ci sei riuscita?”

“Michael io non lo so, so solo quello che ho dentro, quanto possa amarti fin da bambina senza neanche conoscerti davvero. Sono semplicemente stata me stessa, non so come ci sono riuscita. È stato solo merito tuo, Michael, è impossibile non amare una persona così speciale e incredibilmente umana come te. Sei il sogno del mondo intero e io ho avuto la grande fortuna di entrare nel tuo di mondo, ma la vita che è realmente cambiata è solo la mia Mike, e solo grazie a te, al tuo sorriso e alla tua dolcezza.” Ci abbracciammo, e in quel momento mi sentii più leggero, come se stretto a lei potessi volare in paradiso.

“Allora? Pronta alla partenza?” annuì silenziosa accarezzandomi la schiena con le sue mani perfette e delicate “Allora lascia a casa le tute, gli shorts, i body, gli scalda muscoli e le felpe da

b-boys perché ci sarà spazio solo per vestiti, gonne, pantaloni, jeans e magliette strettamente personalizzate per te.” Si mise a ridere. “Non ti piaccio proprio in tenuta da lavoro eh?”

“No, in verità mi piaci troppo e quindi devo vederti vestita in maniera diversa per essere al massimo della consapevolezza di me stesso, sono le tue gambe forse che mi distraggono o magari la vitina da vespa e … va beh lasciamo stare, meglio non pensarci. Guardiamo un film?”

“Va bene, però si accettano solo horror però”

“Oh a me l’horror va benissimo, però lo scelgo io!” guardammo non uno ma ben due film horror, “Essi vivono” e “La bambola assassina”. Era mattina quando i titoli di coda della bambola assassina correvano sullo schermo. Ci strofinammo gli occhi e rilassammo le schiene e dopo qualche minuto, mentre spalmavamo il burro sulle fette di pane Tarack entrò in cucina. “Michael ci aspettano tra mezz’ora, ma sei già vestito? Non hai chiuso occhio nemmeno sta notte? Ma in cucina che fai”

“Michael, la marmellata la vuoi di fragole o di albicocche? Oh buon giorno Tarack!” la voce squillante di Elena aveva colorato la stanza e lasciato Tarack senza parole. Non so perché, ma non le era molto simpatica, lei comunque lo aveva capito, ma non si turbava più del necessario del resto dei miei dipendenti si era assicurata la simpatia assoluta se con lui non c’era riuscita non le dava molta pena. “Michael, io starei attento a circondarmi di compagnie tanto invadenti, cosa ci fa lei in casa?” chiese Tarack infastidito.

“Veramente è sempre stata in giro per casa da quando è arrivata, e da una settimana vive con me, magari non l’hai notata perché non è poi così invadente.” Ci guardò con aria di sfida e poi uscì.

“Immagino che la porterai a New York con te vero?” chiese accorto sull’uscio della porta.

“Ovviamente, lei starà sempre con me d’ora in avanti. Perciò è meglio che ti abitui alla sua presenza.” dissi mentre andavo in contro ad Elena a prendere il barattolo della marmellata di albicocche. Tarack uscì salutando me e senza dare il minimo di considerazione ad Elena.

“Sai Michael comincio seriamente a sospettare che sia innamorato di te.”

“non farci caso, lui ha una concezione particolare della donna, dipende dall’educazione che ha sempre ricevuto. Per lui la donna ha un unico scopo nella vita: fare la moglie. Quindi cucinare, lavare, stirare, fare gli onori di casa e naturalmente fare figli e crescerli. Una donna che vuole fare altro che questo per lui è un mostro dal quale stare alla larga.”

“beh qualsiasi donna vuole avere dei figli è il massimo dell’aspirazione diventare madre, ma certo nel frattempo per quale motivo fare la muffa in casa? Mah non lo capirò mai.”

“Davvero la penso così? Per te è così fondamentale avere dei bambini?”

“Stai scherzando? Sogno di diventare madre da quando avevo 20 anni! Il problema è trovare la materia prima per farli … e … naturalmente … il coraggio!” Credevo di essere l’unico ad aspirare a diventare genitore, invece avevo davanti a me una ragazza che mi stava facendo lo stesso discorso, con i tempi che corrono era una rarità, perciò rimasi piacevolmente sorpreso dalle sue affermazioni. Notai, però, che era leggermente arrossita dopo avermi detto quelle cose.

“Il coraggio?” elaborai lentamente una teoria sulle ragioni della sua affermazione che l’aveva imbarazzata così tanto e capii che era sempre più rara come esemplare femminile.

“Oh beh, certo, il coraggio è fondamentale, specialmente per la donna, anche se a volte sono i maschi a non essere coraggiosi e intraprendenti.” L’argomento sesso per me era un argomento molto più che delicato. Essendo timido di natura, e specialmente molto introverso, trattare un argomento così intimo diventava un imbarazzo totale per me, anche se da quello che ero riuscito a capire ora che i pezzetti del puzzle iniziavano a combaciare, per quanto pochissima e basilare la mia esperienza era superiore a quella di Elena. La cosa non mi dava affatto fastidio, anzi contribuiva a farmi perdere ancora di più la testa.



Andammo all’aeroporto, avevo noleggiato l’aereo e miracolosamente non ero stato rintracciato dai fan, quindi anche il volo fu più rilassato. Le cinque ore di aereo da L.A. a N.Y. volarono anche perché ci addormentammo come pere cotte. Arrivati al John Fitzgerald Kennedy volammo nella mia Bentley S3 Continental Nera che in mezz’ora ci portò all’albergo dove avevo prenotato.

Arrivati alla reception il direttore dell’Hilton ci accolse calorosamente, ma con discrezione, ero stato chiaro al telefono, volevo trascorrere un Natale tranquillo senza grattacapi o lavori improvvisi da sbrigare. “Mister Jackson, ben arrivato la suite gold premier vi attende. Spero che il nostro ben venuto vi piaccia.”

“ne sono certo Nigel, sai sempre come accogliere bene i tuoi ospiti. Vorrei presentarti la mia fidanzata Elena Golberg. Non è incantevole?” Elena si imbarazzò da morire, ma gli porse ugualmente la mano “Pia-piacere. Grazie dell’accoglienza signor …”

“O mademoiselle, ma per lei sarò ben volentieri Nigel. Ha proprio ragione Mister Jackson, ha avuto l’occhio lungo complimenti. E ovviamente complimenti anche ai suoi occhi signorina Golberg.”

Rise isterica e sempre più vergognosa “Grazie Nigel.” Mi veniva da ridere se i suoi occhi fossero state saette sarei diventato cenere in quel momento stesso. Salimmo in camera e subimmo un infarto multiplo, lei perché il letto era matrimoniale ed io perche vidi la vasca idromassaggio pronta ad accoglierci ricolma di petali di rosa. Decisamente un’accoglienza afrodisiaca, che mandò il mio visi e quello di Elena in fiamme. “Quindi dormiamo proprio insieme.” Mi chiese timida.

“A quanto pare sì, beh non è una novità però, insomma dormiamo sempre insieme, solo che questa volta diciamo che … il letto è decisamente più confortevole visto che è matrimoniale. Se vuoi ci faccio spostare nella doppia. Giuro io gli ho chiesto solo una suite per due!!!” cavoli che figuraccia e adesso la vasca come facevo a farle capire che era stata un’idea di Nigel?

“Ma no, no figurati dormiamo insieme tutte le notti! E poi sono felicissima di dividere il letto con te la notte di Natale, chi non lo sarebbe? Ma, veramente ciò che trovo strano è la …”

“Vasca?”

“Eh sì, quella. Idea di Nigel anche questa?”

“Giuro di si amore mio, non farei mai una cosa del genere senza parlarne prima con te! Mi credi vero? Ti prego dimmi di sì altrimenti per me è finita.” Scoppiò a ridere e mi abbracciò

“Ma si che ti credo, certo che è intraprendente Nigel. Ma quello che mi chiedo e gli hai chiesto una suite per due, perché ha organizzato tutto ciò? E se eri con un uomo? Solo quando siamo arrivati gli hai detto che ero la tua ragazza.”

“No, fidanzata, è diverso è molto più importante una fidanzata di una semplice ragazza. E poi i nominativi glie li o dati. Sapeva che ero con una donna. Poi Nigel è così, si fa i film come non mai. Che vergogna!” dissi coprendomi il viso con le mani. Fortunatamente Elena era molto comprensiva e non si creò tanti problemi, dopotutto eravamo … fidanzati.

“Beh ma il bagno nella Jacuzzi idromassaggio non si può rifiutare. Ci sono dei costumi da bagno qui?” la sua idea mi allettava, ma dovevo prepararmi psicologicamente per entrare nella vasca con lei, sennò rischiavo di nascondermi dentro l’accappatoio per non farle vedere la pelle d’oca e il rossore che avevo per la vergogna di dividere la vasca da bagno con tanto ben di Dio.

“Beh il centro benessere c’è, possiamo chiedere. Aspetta che chiamo.” Feci per alzare il ricevitore, ma Elena sembrò come capire la mia esigenza di elaborare psicologicamente tutta la situazione, così mi bloccò la mano con la sua affusolata e perfetta.

“lascia Mike scendo io. Faccio subito!” mi diede un bacio sulla guancia e si volatilizzò fuori dalla porta. Rimasto solo iniziai a prendere dei grandi respiri per rilassarmi e affrontare il bagno nel giusto modo. Mi sedetti sul letto strofinai le mani tra loro e schioccai le dita frequentemente. Poi mi sdraiai sul letto e iniziai a figurarmi la scena. dopo circa un quarto d’ora tornò con due costumi in mano. Io ero rilassato, anzi adesso avevo proprio voglia di entrare nella vasca con lei.

“Eccomi qua, boxer a te e bikini per me.”

“Wow, interessante la cosa!” appena indossati i costumi ci infilammo nella vasca Elena era spiazzante, era perfetta armoniosa, morbida, asciutta, sembrava fatta di marmo. Avevo l’impulso irrefrenabile di abbracciarla, cosa che feci appena fu dentro con me. la sua pelle bagnata che sfiorava la mia mi provocava un piacere sconosciuto, sembrava una leggera scossa che rinvigoriva tutto il mio essere, si lasciò abbracciare sedendosi tra le mie gambe. Avevo la sua schiena dritta e sensuale attaccata al mio petto, era talmente minuta che riuscivo ad avvolgerla tra le mie braccia e le mie gambe senza alcuno sforzo, sembrava disegnata appositamente per le mie proporzioni. Non so quante volte ci baciammo durante quelle due ore nella vasca, persi il conto a 26 che poi era la sua età. Adoravo accarezzare la sua pelle di seta, era capace di disinibire tutti i miei tabù, non credevo che nel mondo ci fosse una donna capace di farlo, il bello è che le riusciva in maniera così naturale che a raccontarla verrebbe da ridere, eppure non usava stratagemmi particolari, era semplicemente se stessa.

“Che altro abbiamo qui?” disse sciogliendosi leggermente dal mio abbraccio. Allungò un braccio fino all’angolo della vasca dove Nigel, regista cinematografico mancato, aveva fatto lasciare una bottiglietta di vetro. “Cos’è? bagnoschiuma?” chiesi. “no, c’è scritto profumi d’oriente, ed è piuttosto scivoloso credo.” Aprì il tappo e si versò una piccola quantità di prodotto sulla destra.

“E’ olio, Michael. Conosci il giapponese per caso?”

“Ehm veramente no, ma non c’è in inglese la spiegazione? O che ne so, magari in francese.”

“Sì, ma è minuscola. Vedi?” girò la bottiglietta verso di me che strizzai gli occhi per leggere che diamine c’era scritto. “Caspita, c‘ è il rischio di diventare ciechi, comunque c’è scritto olio per massaggi. Sai fare i massaggi te?” abbassò gli occhi maliziosa e sorrise.

“beh diciamo che me la cavo, ma non sono così brava.”

“Però sai farne qualcuno.”

“Sei curioso?” risi, quando faceva così mi faceva impazzire, tirava la corda come un equilibrista al circo, e se iniziava a tirare potevi stare certo che nascondeva qualcosa di piacevole in sé.

“Beh diciamo che … sono stanco, le prove. I balletti, le registrazioni dei video, il film e poi beh i bambini a Neverland li hai visti come mi riducono no?”

“Oh sì li ho visti una sola volta, ma non ti ho affatto invidiato. Beh se sei stanco allora …” usci sensuale dalla vasca, il costume bagnato lasciava trasparire leggermente le nudità, era sconvolgente e inoltre si era avvicinata al letto, dove lasciò cadere l’asciugamano bagnato

“Ops, Michael? Qui si mette male.” Pensavo. Poi entrò in bagno con il portamento di una pantera, elegante e sensuale. Dalla prima volta che l’avevo vista avevo capito subito che c'era qualcosa di diverso in questa ragazza, come si muoveva, capelli, il volto, i lineamenti la divinità in movimento, ma di certo non avevo capito che avrebbe sortito effetti simili sulla mia personalità, per liberare il mio istinto serviva la musica e il palco scenico, e non era possibile che una ragazza fosse entrambe le cose, eppure Elena diventava tutto; diventava il piano, la chitarra, il basso, la batteria, il microfono e l’asta. Diventava il ritmo, la melodia, l’armonia e le parole della canzone. E diventava anche la roccia, il ferro, il legno e il cemento del palco. Aveva in se tutti gli elementi che mi davano sicurezza, riusciva a tirarli fuori con il suo temperamento, sapeva essere dura, forte e impassibile se doveva difendersi e difendere, ma era anche tenera, dolce, ingenua, semplice … un angelo, era talmente perfetta da diventare irreale. Appena fu nel bagno stappai la vasca e aprii la doccia dell’acqua fredda a tutto raggio, dovevo placare i moti pericolosi che si stavano scatenando dentro di me. “Aaow!!!” l’urletto, mio marchio di fabbrica, mi uscì spontaneo. La doccia non era fredda era gelida, ma necessaria.

“Tutto bene Mike? Non è che ti metti a fare il moonwolk adesso eh?” la voce di Elena trillò dal bagnetto di servizio. “No, no. Tranquilla sono in ferie.” Chiusi la doccia, e mi infilai l’accappatoio, lei usci dal bagno con l’asciugamano nuovo arrotolato intorno. Arrivò vicina al letto prima di me e mi invitò ad accomodarmi picchiettando il materasso. La mano mi scivolò subito sulla bocca come ogni volta che ero imbarazzato e curioso.

“Coraggio, sei stanco no? Allora vediamo se riesco a rilassarti. Prima però mi serve il tuo benestare per fare di te ciò che voglio. Sei disposto al compromesso?”

“Ma, guarda eccomi, sono a tua completa disposizione. Dovresti fare miracoli per rilassarmi.”

“miracoli, no, ma un aiuto posso dartelo.” Sospirai cercando di concentrarmi su tutto tranne che sulle situazioni romantiche onde evitare imbarazzanti sviluppi. Iniziai a pensare a Bubbles, a Tarack, poi pensai al cibo, al tour che per me equivaleva all’inferno e ai tabloid argomento per eccellenza che anestetizzava i miei sensi. Tuttavia però la testa tornava sempre da lei, specialmente quando mi tolse l’accappatoio appena fui prono sul letto, e iniziò a massaggiarmi la schiena. Il profumo dell’olio era inequivocabilmente Ylang – ylang, ed io ero in estasi già dal secondo affondo. Il suo tocco era deciso, ma non sgarbato anzi era decisamente piacevole. Affondai la testa sul cuscino per soffocare i gemiti che stavano uscendo, sentivo le sue gambe che sfioravano il mio fianco e stavo per incendiarmi come una siepe secca vicino ad un falò.

“non soffocare Mike, mi raccomando, ma ti sto facendo male, no perché tante volte non me ne rendo conto. Insomma ho perso esercizio il corso l’ho fatto sei anni fa e non sono stati molti gli sventurati che mi sono finiti sottomano.”

“Mi dispiace per tutti quelli che non hanno avuto la mia fortuna e posso assicurarti che non mi stai facendo affatto male chere, ma stai rischiando grosso. O Dio Ely, me le regali?”

“cosa dovrei regalarti Mike?”

“le tue divine mani. Dai tanto domani è natale, sii generosa.”

“Michael, ma ce le hai già le mie mani. E poi il tuo regalo l’ho già preso.”

“Ah davvero? Io no.” Scherzavo l’avevo comprato il giorno stesso che era caduta.

“ah no, credevo che te fossi il mio regalo.”

“Ti accontenti di così poco?”

“Te saresti poco? Costi l’ira di Dio! Adesso fermati però che devo fare un’operazione delicata. E stai concentrato, mi raccomando.” Detto questo con il piede mi incitò a divaricare le gambe, per poi infilar visi in mezzo, nel frattempo continuava ad affondare le sue piccole dita sulla mia schiena e sul mio collo e quello fu il punto di maggiore pericolo, perché non avvertivo più nulla del mio corpo, ma solo le sue mani che mi stavano mandando in paradiso. La seduta durò una mezz’ora al termine della quale non ero semplicemente rilassato, ma avevo la sensazione di volare, ero carico come la molla di una trappola, anche se ero mezzo addormentato.

“Dormi?” mi sussurrò all’orecchio. “Potrei mai addormentarmi ora che mi hai acceso come un fiammifero? Non si fa così, mi hai stregato e adesso potresti benissimo approfittare di me.”

“Ma no, Michael, non farei mai una cosa simile. Come ti senti? Sei più sciolto?”

“Decisamente troppo sciolto. Quante altre cose si celano dietro quel viso d’angelo?”

“Mah, devi solo avere la pazienza di scoprirle. Ora però bisogna vestirsi, perché sono le quattro del pomeriggio e mi hai promesso che mi fai visitare New York!” era sdraiata vicino a me e avevo voglia di fare tutto meno che uscire da quel paradiso di stanza, però aveva ragione glie lo avevo promesso e non potevo deluderla. “sì, sì la visitiamo New York, però più tardi, adesso stai qui vicino a me per favore, solo qualche altro minuto giuro che usciamo, adesso però aspetta un po’. Per favore” Sorrise, come poteva accadere il contrario sembravo un bambino di sei anni che implora la mamma di cantargli la ninna nanna. “Va bene, solo un po’ però”

“Sì, sì un po’.” Dissi mentre mi accoccolavo sulla sua pancia morbida e accogliente. La stringevo fortissimo e lei iniziò ad accarezzarmi i capelli, a quel punto mi addormentai davvero.
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